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Pittore italiano – Ricerca sulla Metafisica Esistenziale

Biografia e statement raccontano chi è Giuseppe Taibi e cosa lo muove nella sua ricerca.

Giuseppe Taibi (Agrigento, 1957)

Biografia

IL PERCORSO ARTISTICO

giuseppe taibi

Nato ad Agrigento il 14 febbraio 1957, Giuseppe Taibi è un artista autodidatta, la cui personalità estroversa, poliedrica e anticonvenzionale si riflette in una visione profondamente visionaria dell’arte.

Fin dall’adolescenza coltiva una fervente passione per la pittura, nutrita da uno studio appassionato e sistematico della Storia dell’arte, specialmente Moderna e Contemporanea. Questa formazione autonoma, lungi dall’essere un limite, diventa una liberazione: gli consente di costruire un linguaggio personale, libero da accademismi, capace di fondere l’eredità della Pittura Metafisica e l’urgenza esistenziale contemporanea.

Negli anni Ottanta si trasferisce a Messina, città dello Stretto che diventerà il suo laboratorio permanente, dove tuttora risiede e crea. Nonostante le difficoltà e gli ostacoli che, per un lungo periodo, lo hanno tenuto lontano dal mondo artistico, la sua passione è rimasta immutata. Sebbene i suoi obiettivi artistici non siano stati pienamente realizzati in passato, Taibi non ha mai smesso di maturare la visione che caratterizzerà il suo lavoro maturo: il dialogo costante con i maestri della Metafisica e del Surrealismo, in particolare René Magritte, di cui condivide il desiderio di “rendere visibile il pensiero” attraverso la pittura.

Oggi concentra la sua ricerca su temi contemporanei che riguardano l’essere umano e il suo universo. La sua opera si focalizza su contenuti bioetici, sociali ed esistenziali, che l’artista analizza con profondità ma anche con un tocco di ironia. L’analisi della realtà espressa nei suoi lavori non si limita a una cronaca storico-giornalistica, ma si configura come un personale e originale punto di vista artistico sull’attualità, mantenendo un costante rispetto per l’arte e gli artisti di ogni epoca.


LA RICERCA ARTISTICA: 1999-2025

Il percorso documentato di Taibi si apre nel 1999 con ” Lo sgarro” attualmente in collezione privata e con opere già mature che mostrano la piena padronanza del suo linguaggio metafisico-concettuale. Un’opera in particolare, riportata anche ad inizio biografia, col Taibi in sovraimpressione : “Fermo immagine” 2013— è caratterizzata da figure classicheggianti, riferimenti alla tecnologia contemporanea e citazioni pittoriche e che viene selezionata per una biennale, segnando il riconoscimento pubblico della sua ricerca. La composizione mostra già quello che diventerà il suo approccio caratteristico: gli “assemblaggi circostanziali e tematici” di cui parla nei suoi scritti, dove elementi eterogenei dialogano in un’atmosfera metafisica.

Il decennio 2010-2013 segna l’inizio del periodo più documentato e coerente della sua produzione. Caratterizzato dall’uso della tecnica mista olio e acrilico su tela, questo periodo vede la creazione di opere fondamentali: “Il Grande Regista” (2010, 120×100 cm), riflessione sul controllo e le strutture di potere che manipolano l’esistenza; “Frammenti d’Ordinaria Sopraffazione” (2010, 100×100 cm), analisi delle dinamiche di oppressione quotidiana nella società contemporanea; “Conversione” (2011, 90×90 cm), meditazione sulla trasformazione spirituale come momento cruciale nella ricerca di significato; “Il Crollo” (2013, 100×100 cm), rappresentazione del collasso delle strutture—fisiche, mentali, sociali—che definiscono l’esistenza moderna; “Insurrezione Messinese” (2013, 100×100 cm), dove i simboli della città peloritana—Nettuno e il gallo—dialogano in chiave surreale sul tema della libertà dei popoli.

I formati prevalenti di questo periodo sono il quadrato 100×100 cm e il verticale 120×100 cm, dimensioni che conferiscono alle opere una presenza fisica significativa e accentuano l’effetto metafisico delle composizioni. I temi oscillano tra commento sociale, spiritualità, riferimenti storici e strutture di potere, sempre filtrati attraverso un’estetica che unisce spazi silenti, prospettive accentuate e atmosfere sospese—cifra stilistica della Metafisica italiana—con l’angoscia e la ricerca di significato proprie dell’Esistenzialismo.

Altre opere significative di questo e altri periodi includono “Il Carro del Vincitore”, biga romana in contesto siciliano come metafora di vittoria e ambizione ma anche simbolo dell’arrivismo; “Il Cambiamento”, riflessione sul processo di trasformazione; “Etnie”, esplorazione dell’identità etnica e delle relazioni tra popoli; “Piazza d’Italia”, dialogo diretto con la tradizione metafisica dechirichiana; “From Sicily”, indagine sulle contraddizioni della terra d’origine; opere come “Eden”, “Je Suis Francesco” e “La Stirpe di San Tommaso” che affrontano temi spirituali, filosofici e il rapporto tra tradizione e innovazione.

Nel periodo 2020-2021, Taibi realizza un’opera di straordinaria attualità e potenza visiva: una composizione che rappresenta una folla immensa con mascherine chirurgiche, documento visivo del periodo pandemico COVID-19. L’opera—che affronta temi di spersonalizzazione, paura collettiva e perdita di identità nella massa—viene scelta come copertina per una pubblicazione editoriale, riconoscimento dell’impatto comunicativo e della rilevanza sociale del suo lavoro. Quest’opera dimostra come la “Metafisica Esistenziale” di Taibi sappia confrontarsi con la drammaticità del presente mantenendo profondità formale e concettuale, documentando eventi storici attraverso uno sguardo che va “oltre il confine” della cronaca.

Il periodo 2021-2023 segna una significativa evoluzione tecnica. Pur mantenendo coerenza tematica, Taibi abbandona la tecnica mista per l’acrilico puro e, soprattutto, inizia a sperimentare con supporti non convenzionali: carta da pacchi, cartone a nido d’ape, pannelli pubblicitari compressi. Questa scelta non è puramente tecnica ma profondamente concettuale: crea una tensione dialettica tra il materiale—spesso povero, quotidiano, legato al consumo—e il contenuto elevato, spirituale o esistenziale dell’opera.

“L’Apoteosi – Il riscatto” (2021, 140×100 cm, acrilico su carta da pacchi) affronta la redenzione spirituale su un supporto umile; “Noi Siamo Adamo” (2022, 67×57 cm, acrilico su cartone a nido d’ape) universalizza la condizione primordiale dell’uomo; “Vizi & Virtù” (2023, 104×75 cm, acrilico su pannello pubblicitario compresso) crea un cortocircuito semantico dove la superficie che normalmente ospita messaggi di consumo diventa teatro di riflessione etica sulla dualità morale dell’essere umano.

Un’opera particolarmente rappresentativa del suo pensiero è quella che raffigura De Chirico, Van Gogh e Keith Haring insieme, con elementi di Mondrian sullo sfondo e un cuore stilizzato in primo piano. Quest’opera-manifesto sintetizza perfettamente la sua filosofia artistica: il dialogo tra epoche, linguaggi e sensibilità diverse che, invece di confliggere, si fondono in quella “magia” che si crea quando “le due anime, classica e contemporanea, si incontrano.” È l’opera che Taibi stesso considera più rappresentativa del suo approccio, incarnazione visiva della sua convinzione che “l’emulazione fine a se stessa dell’arte classica sia un palese anacronismo, come vedere l’esibizione di Beethoven al concerto di Woodstock. Tuttavia ogni qualvolta le due anime si incontrano, il contrasto sembra dissolversi e divenire magia.”

Messina 2025

La metafisica esistenziale

La Metafisica Esistenziale definisce con coerenza l’arte di cui mi occupo. Il mio linguaggio pittorico unisce l’enigma e l’immobilità tipici della Metafisica—spazi silenti, prospettive accentuate, atmosfere sospese—con le tematiche cruciali dell’Esistenzialismo: l’angoscia, la solitudine, il senso di estraneità e la ricerca disperata di significato nell’esistenza.
L’opera si pone come una meditazione visiva tra ciò che è visibile e l’invisibile, tra la realtà percepita e il mistero dell’essere.

Rappresento scenari certamente fantasiosi, assemblaggi circostanziali e tematici caratterizzati da un’impronta metafisica e visionaria. Essi richiamano comunque contenuti contemporanei non slegati dal recente passato o da quello remoto fino alla genesi. I miei scenari non potrebbero in alcun modo essere il risultato di riproduzioni di scatti fotografici—non sono mai stato attratto dalla mera rappresentazione che generalmente impedisce ogni altro tipo di lettura.

Ho dedicato anni alla ricerca di un personale equilibrio tra forma e contenuto, convinto che un’opera d’arte per essere definita tale debba essere il risultato della loro fusione. Sento la necessità di realizzare opere che riflettano la nostra contemporaneità, con le sue contraddizioni e le drammatiche realtà, tutto ciò in un’atmosfera reale-surreale-metafisica-concettuale e visionaria, che non tralascia la bellezza. Mi appassiona quel tipo di arte che riesce a guardare la realtà e l’accompagna oltre il confine, non ultimo quello estetico.

Ho sempre considerato l’arte, la pittura in particolare, uno strumento unico per condividere idee e contenuti. L’arte visiva nasce come antitesi all’egoismo: non è solo l’espressione di un singolo, ma un ponte verso l’altro. Un’opera d’arte “vive” veramente solo nel momento in cui viene fruita e interpretata da qualcun altro. La condivisione non è un optional, ma la sua ragion d’essere.

Come diceva René Magritte, utilizzo la pittura per rendere visibile il mio pensiero. Potrei usare la tecnologia—l’IA o Photoshop, che utilizzo talvolta nella fase preparatoria—ma la pittura è un’altra storia, è insostituibile ed eterna. Come affermava Giorgio De Chirico: “Perché un’opera d’arte sia veramente immortale bisogna che essa esca completamente dai limiti dell’umano. Il buonsenso e la logica le fanno difetto.”

Questa è la strada che sto costruendo.  Le opere sono i passi. Grazie a chi vorrà percorrerla..

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